Il Castello
-idee senza bordi-
Il romanzo, certamente incompleto. Continua a leggere
Vi sono nell’ombra dei parchi, prima dell’aperitivo, genitori giovani o non così giovani (lo si vede nelle mani il tempo che passa) con figli che gli siedono accanto. Stanno là, mangiando un gelato, sono tutti bellini intorno ai due anni, non c’è niente da fare, sono come dei piccoli automi, degli animaletti.
Io li guardo quei genitori giovani con bambini scimmiette a cui cambiano pannolini sopra a bancali di bar che frequento in tutt’altri orari (è fare le cose diverse che ti permette di vedere le cose, altrimenti non mi sarei accorto di niente), li osservo quei genitori con le loro gambe toniche, le loro magliette, colli a barca e arie sicurissime di sé, che si lasciano andare a cantare una canzone di pinuccio daniele, e mi guardano come a dire: e tu?
Vi sono genitori un poco più grandi che osservano i figli che si allontano da loro e sono meno bellini (i figli). I genitori sono sempre molto giovani, ma un po’ meno giovani, stanno seduti in silenzio uno accanto all’altra su una panchina e guardano il figlio poco più in là giocare a pallone (in quel preciso momento un bambino nel campo da calcio ha urlato a quell’altro: tu negro, e io mi sono impaurito. Alla mia epoca non mi sembra si dicessero cose del genere, ma forse mi sbaglio).
Li guardo, in particolare quei genitori meno giovani coi figli che si allontanano paurosamente oltre il campo da calcio, verso i limiti estremi del parco, e penso alla fase ancora successiva, quando i figli usciranno dal giardino.
Che ne sarà di loro, voglio dire: che ne sarà dei genitori?
Quando saranno costretti a riprendersi in mano le vite.
Non sarà tardi per tirare le redini della vita?

Guido parte per sempre per l’America e ha detto che mi ama.
Parte domattina, da Pisa, credo, e dopo molte ore reali e forse poche legali sarà a San Francisco. Io mentre lo portavo verso casa, lui sbronzo marcio tristissimo con centomilioni di pensieri su di sé, pensavo chissà che realtà falsata e ricordo, se mai ricordo per lui ci sarà di questa sera in generale, e di me in generale, e pensavo non tanto a un mio essere qualcosa ma alla realtà che mi porto dappresso, come il quartiere intorno al microcosmo casa, e chissà quanti particolari sfuggono al suo occhio e chissà di pari cosa lui può vedere in più. Continua a leggere
L’ombra nel quadro
Ogni notte, prima di dormire, osservo dal letto il dipinto di un uomo a cavallo.
C’è un’ombra dietro di lui, per l’allineamento del lume che mi tengo vicino e di un mobile dal cassetto difettoso, che chiudo e ogni volta torna a riaprirsi. L’ombra sembra far parte del quadro, che sia l’ombra dell’uomo a cavallo, che vi sia disegnata. Continua a leggere
Quando sono arrivato in ufficio erano impilate in un angolo più di trenta grosse scatole piene di qualcosa. Continua a leggere
Quando il ragazzo è salito in auto era di un colore tra il verde e il giallo. Non parlava né commentava le cose che dicevo e dopo un po’, quando gli ho chiesto «Ma che hai?», ha risposto che la sera prima aveva bevuto parecchio. Continua a leggere
I compagni di sventura, in questo novembre della mia vita, sono due: Continua a leggere
per Antonio Logarzo Continua a leggere