Fogli sparsi, Santa Croce (2017-...)

Nasci, cresci, fai le pulizie, muori

Se vuoi conoscere davvero una persona chiedile come fa le pulizie a casa.

Parentesi che si apre.
Potresti anche chiedere a quella persona come preferisce prendere il caffè, è vero, io per esempio amo le porcellane sottili, le tazze di ceramica leggerissima che hai la sensazione che mordendola coi denti si potrebbe spaccare e tagliarti la bocca così che il sangue e il caffè si vadano a mescolare.
Ma chiudiamo subito questa parentesi.
Le pulizie a casa, quella sì che è una cartina di tornasole, tu per esempio, come ti sei organizzato?
Hai una donna (o uomo) che viene a fare le pulizie al posto tuo? C’è per esempio tutto un lessico specifico su questo argomento. Non si dice, non sta bene, la donna delle pulizie. Si dice semmai: c’è una signora che viene a dare una mano. Così è molto più per bene, mentre dico, una signora che viene a dare una mano sento proprio come un sospiro di sollievo che mi attraversa il corpo.
Comunque noi siamo delle persone profondamente moderne e non c’è nulla di male ad avere una persona (dal sesso generico) che viene a virgolette dare una mano a casa. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Tuttavia una domanda ulteriore si potrebbe fare ed è: ma chiami una persona perché non ti piace pulire? Perché non ti riesce? O magari perché non hai tempo? Se non ti piace, allarghiamo le braccia, viviamo in fondo nella dittatura del gusto, quindi lungi da me contestare la piacevolezza di fare le pulizie, invece approfondiamo la seconda risposta, cioè quella di non avere tempo.
Sì, è così, io lavoro alla Nasa, non ho tempo di fare le pulizie a casa. Bene, molto bene. Sebbene, la persona che abbiamo di fronte sarà una di quelle persone che magari fanno dei figli o hanno dei cani e poi hanno delle persone che si occupano dei bambini o persone che portano i cani a fare i loro bisogni, quindi delle persone paradossali. Non c’è niente di male a essere persone paradossali, ma che lo si ammetta.
Viene a dare una mano, la signora.
Le possibilità di pulizie a casa sono comunque un numero limitato, il che ci permette di porre le persone dentro un certo numero di categorie, come i segni zodiacali. Quando qualcuno contesta i segni zodiacali io tiro sempre fuori Goethe che diceva che esistono solo 12 situazioni tragiche possibili, muore lui, muore lei, certo composte da infinite sfumature e specifiche, ma comunque sempre dodici sono, quindi ecco l’astrologia ed ecco le pulizie.
Ipotesi uno, la signora o il signore delle pulizie. Ipotesi due, se vivi con i tuoi genitori, un genitore che fa le pulizie e non vorrei essere troppo scomodo, ma ho come il sospetto che la persona che se ne occupa non sia vostro padre, tuttavia magari avete una madre disabile e si occupa delle pulizie vostro padre? Chissà.
Comunque arriviamo alla terza possibilità ovvero vivete con una o più persone e vi occupate di pulizie domestiche anche voi in prima persona, magari facendo dei turni di pulizie, oppure, ed è proprio qui che volevo arrivare, facendo ognuno qualcosa, ognuno secondo le sue capacità o caratteristiche personali.

Io, per esempio, a casa le pulizie le faccio a metà con la mia compagna Diana, ma la cosa interessante è come ci siamo divisi queste faccende. Io pulisco il bagno e la cucina, lei fa il salotto e la camera da letto. Sono i suoi dei compiti per così dire più intellettuali, o pregiati, rispetto ai miei compiti che invece sono più terreni e materiali, ma mi sembra una cosa giusta. Amo pulire i cessi, è una cosa che mi dà una specie di soddisfazione particolare. Pulire un cesso è per me come fare un giro in bicicletta, la stanchezza che fa seguito alle pulizie di un cesso, a quel senso di vuoto pieno, è paragonabile solo a una passeggiata in alta montagna. La respirazione, mentre pulisci un cesso, rallenta, il respiro si fa profondo. I battiti del cuore diminuiscono e rimane solo un enorme silenzio e la voce in sottofondo di Attilio Scarpellini su Radio3 che mi parla della perdita dell’aura in Walter Benjamin.
Pulire un cesso, esplorare anche le parti meno visibili, indugiare con un bruschino intorno ai fori più fetidi, insistere, non affrettare alcun passaggio, prolungare quel gesto in maniera spasmodica, come se fosse un balletto di danza russa, come se fosse la cura di un giardino. Tra le mattonelle, dove minuscole particelle di schifo, di unto si annidano, là è dove per un momento, nella loro epurazione, puoi trovare finalmente la tanto ricercata pace.
Una volta, tanti anni fa, lavorai in un teatro. Lavoravo in teatro, nel senso che facevo le pulizie in un teatro. Era un lavoro bellissimo. Il lavoro più bello della mia vita, dovevo andare all’alba a fare le pulizie, ovvero dopo gli spettacoli, ma prima che arrivasse al mattino la gente per i matinée oppure la gente a fare le prove. Verso le cinque. Era un lavoro superbo, io arrivavo là nel teatro vuoto, che in effetti era anche spaventoso, e pulivo il teatro. La mia parte preferita da pulire, già lo avrete intuito, erano i cessi del teatro, e in particolare ricordo con affetto i vespasiani. I vespasiani avevano qualcosa di profondamente giusto, di artistico, di duchampiano, o forse semplicemente li amavo perché non dovevo piegare la schiena. Un giorno incontrai il mio capo supremo delle pulizie del teatro, che in effetti era una donna, ed era mia zia. La persona grazie alla quale avevo ottenuto quel lavoro. E lei mi disse una cosa che mi porto dietro ancora oggi, una piccola grande verità ovvero che pulire è una battaglia persa, che domani tutto tornerà a sporcarsi, di nuovo, e ancora e ancora. Che pulire pertanto è sempre un far sembrare pulito e niente più, che il concetto stesso di pulito è un concetto problematico, che il pulito rincorre sempre se stesso senza mai potersi raggiungere e mai si raggiungerà.
C’è infine un’ultima categoria di persone nei confronti delle pulizie domestiche e sono le persone che non fanno mai le pulizie in casa. Mai. Semplicemente un giorno magari non indossano le scarpe e coi calzini puliscono a terra. In questo caso si può ritenere pulizie domestiche? Noi crediamo di no. Oppure passano un dito sopra la televisione e la polvere si attacca al dito e così questa persona genera una specie di disegno di un fiore, o di un pene, è questo una speciale tipologia di pulizia? Anche in questo caso siamo costretti ad ammettere di no. Le non pulizie credo io siano qualcosa che ti scivola addosso, quando comincia a passare troppo tempo, superi un certo limite a quel punto è semplicemente qualcosa che non ci si può fare nulla, si lascia perdere, come ad esempio mangiarsi le pellicine o farsi di eroina, ormai è andata. Questa categoria di persone, le persone che non puliscono casa hanno dei bagni in particolare, a volte sarete stati a casa loro, che sono dei luoghi esclusi dal tempo, dove tutto sembra provenire da un’altra epoca, sono come i relitti delle navi in fondo all’oceano, che hai la sensazione che qualsiasi minuscolo gesto o cambiamento potrebbe far collassare l’intera struttura. Sono delle persone di solito molto belle, ma ahimè questa condizione esistenziale non è molto accettata socialmente.
Questo penso mentre pulisco il cesso di casa mia di mercoledì, oltre a pensare al caffè che mi berrò quando avrò finito e a quella tazza di ceramica sottilissima che forse morderò coi denti.

21 marzo 2022, Cantina Litfiba
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Fogli sparsi, Santa Croce (2017-...)

gennaio

Gennaio
le arance lo sanno
che sono rimaste solo tre:
due bicchieri non usciranno fuori.
Quando invece sono ancora un chilo
le arance, ancora loro, spremendone due piccole
regalano senza motivo
due bicchieri abbondanti
per Diana e per me.

Gennaio
scrivo racconti per Oblique
non mi risponde
eppure mi sembrava
che era buono.

Gennaio
bevo la spremuta
il mio mezzo bicchiere scarso.

Gennaio, bevo la spremuta perché fa bene
più che perché mi va.

Gennaio
valuto l’ipotesi di comprare un ingresso agli Uffizi
per domattina
per rivedere i fiamminghi
mi dico come a giustificarmi.

Gennaio.

27/1/2021

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Fogli sparsi, Santa Croce (2017-...)

Se fossi giovane avrei

Se fossi giovane avrei caviglie sempre scoperte, estate e inverno, livide caviglie nude;
un piercing al sopracciglio;
i lacci delle scarpe allacciati per bene e non come ho ora lunghi e penduli che inevitabilmente
mi inducono a fare un doppio nodo: io lo so che quello sarebbe un errore anzi la fine della mia
vita attiva per sprofondare nella completa vecchiaia;
una specie di cresta, sotto più corti sopra più lunghetti, sebbene senza voler con questo
manifestare nessun tipo di protesta o credo o appartenenza politica, o meglio sì, seppur
genericamente;
delle cartine, filtri tabacco e un accendino che sempre perderei in giro;
delle magliette con delle scritte quasi tutte in inglese;
un portafogli con dentro molti biglietti e tessere di locali notturni e club in cui sono stato una
volta e poi mai più tornato, tessere che comunque potrebbero tranquillamente essere scadute;
un posacenere fatto con la noce di cocco;
due paia di Clarks;
un paio di scarpe da ginnastica che non sarebbero già passate e tornate di moda una o più
volte, ma semplicemente delle scarpe da ginnastica;
una fidanzata con occhi chiari intelligentissima che mi ama.


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Fogli sparsi, Santa Croce (2017-...)

L’umiltà

Quando ero un ragazzo molto giovane quasi un bambino si potrebbe dire (sebbene mi sembra che se io scrivessi “bambino” vorrei in qualche modo preventivo auto-assolvermi e l’ultima cosa che voglio al mondo è auto-assoluzione) quando fui un giovane ragazzo, una professoressa di cui ancora oggi ricordo il nome (Mantegazzin) ci assegnò il compito di scrivere una poesia e io lo feci plagiando alcuni versi di una nota canzone dell’epoca. Nota sì, ma per per mia fortuna non-nota alla professoressa Mantegazzin.

Così io divenni un poeta.
La professoressa Mantegazzin fu letteralmente entusiasta della mia poesia, mi diede un voto eccezionale e per giorni e giorni quando rientrava in classe continuava a ripetere un verso di quella mia poesia di ragazzo nonché canzone abbastanza in voga al momento.
E i miei compagni?
Come fu possibile che nessuno dicesse niente?
Forse a quell’epoca io ascoltavo musica diversa da loro, quindi nessuno riconobbe la frase del cantante nelle mie parole o più semplicemente: erano tutti impegnati a fare altro.
Qualche settimana dopo la professoressa Mantegazzin rientrando in classe mi chiese se volessi partecipare a un concorso di poesia per giovani poeti, io finsi di pensarci un po’ e poi le dissi di no.
Lei rimase molto colpita dalla mia risposta.
E fu così che io divenni umile e poeta.
All’inizio per finta, poi per davvero.

Spiaggia della Lecciona, 1 luglio 2020

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Fogli sparsi

È quel periodo dell’anno

È quel periodo dell’anno
che è il più bello di tutti
specialmente di sera
che si va a dormire
e c’è ancora il piumone
e la finestra è aperta
come fossimo Hans Castorp
sulla Montagna Magica
ma senza la Montagna Magica
e senza la febbre.
Anche gli altri periodi
mi dico,
devono essere belli,
lo sono di certo
ma oggi mi sembra
che lo siano di meno.


(Poesia uscita su Perfect Magazine il 27/05/2020)

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