
Paola ha sì una casa, ma quando mi fa entrare o quando mi muovo per il suo appartamento, o quando appoggio il cappotto a un appendiabito in corridoio, o quando prendo una sedia e lei insiste perché io ne prenda una più comoda («Mi trovi molto storto, Paola? Intendo posturalmente». «Ma no Simone, è normale, tu sei poeta e i poeti sono fatti così, fisicamente»), quando ancora rimando il momento di sederle accanto, quando guardo da vicino una delle molte stampe e cornici appese alle pareti (ci sono disegni fatti dal figlio anni prima, quando era bambino, oppure degli acquerelli di un architetto inglese, molto belli), o quando entro in bagno e osservo gli alti controsoffitti in legno, e quando poi alla fine di tanti movimenti che sono in fondo i movimenti che si fanno normalmente quando si entra in una casa sconosciuta, io siedo accanto a Paola e parliamo, e la guardo e l’ascolto parlare, sento che in verità la casa in cui Paola vive è tutta diversa da come la vedo io. Continua a leggere →