Fogli sparsi, Santa Croce (2017-...)

(non) commentare i fatti epocali

In questi giorni dai Postini si lavora come pazzi (marzo è il mese della posta. un giorno forse racconterò il perché). Si lavora molto, tutto il giorno chiusi nell’ufficio, ma sono queste giornate epocali, giorni a Firenze in cui il corso della storia sembra toccare anche le nostre piccolissime vite. Per questo viene voglia di commentare i fatti che accadono, prendere una posizione. Purtroppo il luogo dove trascorro più tempo, il luogo di lavoro, non è il posto adatto per commentare i fatti epocali, anzi, chi lo fa (io stesso a volte mi ci provo, ma fallisco miseramente negli intenti) chi lo fa dice quasi esclusivamente stronzate. Il motivo di questo non è chiaro, ma io credo che dipenda dal fatto che a lavoro il capitale pervade i nostri discorsi, e li deforma. Uno potrebbe dire, anche fuori dal lavoro c’è il capitale a deformare le cose, e io rispondo: ok, ma un po’ meno. Questo per arrivare a dire che, siccome lavoro molto in questo periodo, ho molto poco tempo per fare o sentire discorsi sui fatti epocali, ma in effetti due discorsi interessanti li ho sentiti, al bar di Piazza Tanucci dove faccio colazione in questo periodo della mia vita. Due dialoghi tra gli avventori. Comincio dall’ultimo in fatto di tempo.
Un tipo che va là ogni mattina a fare colazione, dev’essere un professionista e un grande scommettitore, stamani commentava l’omicidio di Ponte Vespucci, così: perché se quell’uomo si fosse ammazzato faceva una cosa molto fatta meglio. Noi lo avremmo guardato scorrere via nel fiume. Diceva così. Ora l’immagine che lui sceglie è un po’ brutale, forse noi non avremmo guardato il cadavere passare, ma saremmo intervenuti per salvarlo, o solo per dargli degna sepoltura. Tuttavia la questione del suicidio e la sua serietà, sono stati temi poco trattati, marginali, ma che mi sembrano importanti. Come diceva Camus, il suicidio è l’unica questione autenticamente filosofica. Tornando ai fatti di Ponte Vespucci, il suicidio di un uomo e anzi il non suicidio di quell’uomo dicono molto, di quell’uomo. Fine.
C’è un postino che si chiama come me, Simone, che ha scritto in una chat di lavoro (altro luogo dove è impossibile dire qualcosa di sensato) che se fosse successo il contrario, che un uomo di colore uccideva un uomo bianco, sarebbe stato un vero putiferio, politico, mediatico, e non solo: altro che due fioriere rovesciate. Sono d’accordo con te, Simone.

Il secondo fatto, è accaduto la mattina del lunedì, prima dei fatti drammatici, al termine degli scrutini elettorali. C’era un vecchino che uscendo dal solito bar si è avvicinato a un venditore ambulante che sta là ogni mattina (un venditore che conosce benissimo i gestori del bar, e che anzi nei giorni di Burian ho visto essere accolto con modi gentili), il vecchino uscendo dal bar gli si è avvicinato e gli ha detto: Ora ‘tu stai più fermino. Si riferiva ovviamente alla vittoria politica della Lega, ma adesso, dopo l’omicidio di Ponte Vespucci, appare una frase tristemente profetica. In verità mentre il vecchino diceva così al venditore ambulante di colore, entrambi ridevano, denotando così una conoscenza pregressa fatta di altre mattine come quella, passate a quel bar di Piazza Tanucci.
Io ho trovato in verità questa frase e il modo in cui l’ha detta, l’ironia, una cosa bella, io ci ho visto accoglienza. Era un vecchino pensionato a dire quella cosa, ed era un professionista in giacca e cravatta a dire la cosa del suicidio.
Al caffè del mattino io sento che c’è speranza per questa città, poi comincia il lavoro e (quasi) mi scordo di tutto.

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foto e didascalia di Gianni Mereu

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