La scrittura è diventata per me come la morale: qualcosa che faccio quando non ho la forza di fare altro. Quando aspetto.
Guardo fuori dalla finestra, dove si muovono masse di persone. Tra di loro non c’è nessuno che conosco. Aspetto Lapo, aspetto Silvia, aspetto Diana che torni dall’America, Leon Marco Camilla che tornino da dove sono, aspetto martedì 4 aprile per iniziare a lavorare.
Scrivo l’ennesima nota inutile grazie a un pastiche che non ho pagato perché non ho un euro sulla posta-pay. Qualcosa ci sarebbe, ma sono meno di venti euro, per cui avrei bisogno di un sportello bancomat a monete. Scrivo questa cosa inutile e attendo Silvia o Lapo, che arrivino a saldare il conto dei pastiche che intanto sono diventati due. L’attesa e lo scrivere hanno così una forma circolare. Fuori dalla finestra, ancora, masse di persone che si muovono.
Abbiamo praticato yoga in mezzo al traffico, coi sensi di marcia invertiti con lo sciopero degli autobus e dei benzinai, con la maratona che bloccava la città. Abbiamo praticato yoga con la musica di Lana del Rey, di Rihanna, di Jay-Z, con quella dei Radiohead – poveri Radiohead – e ancora con quella di Rihanna. Abbiamo praticato molto yoga ultimamente, ma questo è un pensiero di riserva, che faccio così, mentre aspetto al Caffè Notte e ascolto coso, eppure lo conoscevo, sì, è il cugino di qualcuno, è Raffo, che parla con lo sbronzo sardo del Caffè Notte.
Si direbbe che abbia appena lasciato la fidanzata. Dice che stavano insieme da sedici anni, o da quando aveva sedici anni, non riesco a sentire bene. Così Raffo l’avrebbe lasciata perché era diventato troppo. Sta dicendo davvero questa cazzata allo sbronzo di turno? Ora è a pezzi, dice Raffo con trasporto e occhi saettanti. È a pezzi, è devastato, spezzato in due, per finta, oltre che sbronzo, tutto per finta. Il sardo se la beve, lui sì che è sbronzo: si beve tutto. Replica a Raffo dicendo delle cose così lontane dalle cose finte di cui Raffo sta parlando, che quasi si avvicinano al senso profondo delle parole a vuoto di Raffo.
Ancora in attesa al Caffè Notte. Dopo aver mangiato le pizzette. Dopo l’ostello Tasso. Dopo aver pensato alla musica sbagliata che hanno messo a yoga e allo yoga, che è struttura. E forse basta.