In fuga dalla bocciofila

Barry Lyndon | Bombe allo Yab

Mentre contavo mentalmente quante volte nel film si ripeteva la parola “proper”, adeguato, corretto (sono tredici volte) mi rendevo conto con la chiarezza delle scoperte negative che i bassi che sentivo di sottofondo non erano parte del film. C’era stato un momento in cui io non lo sapevo se fossero rumori del film, se fosse una cosa voluta, ma poi dopo un po’ avevo cominciato a sperare che fossero del film. Bruttissimo segno. Invece era soltanto la discoteca del cazzo YAB, ubicata giusto a lato al mio cinema preferito numero due. Erano i bassi del cazzo della discoteca demmerda dello Yab, del loro lunedì sera discotecaro. Possibile, mi chiedevo, che ci fosse gente che facesse serata non dico di mercoledì, ma di lunedì? Gente che proprio mentre io sentivo suonare Schubert stava bevendo un gin tonic? Sì.

Ho perso il mio lato zen: un tempo ero pacificato, è il lavoro che mi ha indurito, e penso il male di chi mi fa male, un tempo cercavo di evitarlo. Guardavo la parabola discendente di Redmond Barry e pensavo solo a ordigni, a costruzioni piriche posizionate davanti all’ingresso della discoteca, un semplice avvertimento. Poi, dopo l’inutile cordata di solidarietà da parte della società civile connivente, l’enorme esplosione. Il massacro. In cui perdeva la vita anche il mio vicino di pianerottolo, noto frequentatore del suddetto luogo, che di solito ritorna a casa urlante verso le quattro, in quello che ormai è a tutti gli effetti il martedì mattina.

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