Siccome si avvicina fine mese e c’è l’affitto da pagare, un biglietto aereo da comprare, l’elettricista per la stramaledetta lampadina del frigo da saldare, io con un colpo di coda cerco disperatamente di fatturare qualcosina.
Mando una mail per quel lavoro di editing, mi arrovello dietro una proposta di lavoro in una libreria del centro, ma solo di domenica, e poi siccome la situazione è irrecuperabile mi risolvo per scrivere un nuovo articolo per Brentano, che non serve a niente.
Solo c’è un problema: non mi sembra di aver niente da dire. Allora mi ricordo di un dialogo avuto con Diana, la mia compagna e musa, la quale mi suggeriva un’idea per un pezzo.
«Hai visto il video nuovo di Jovanotti?»
«Ma ti immagini se l’ho visto? Ultimamente ascolto solo Unknown Mortal Orchestra».
«E che è?»
«Un tipo americano neozelandese, che non lo sai? Che sfigata sei?».
«Ma ammazzati».
«Comunque, dicevi?»
«Di Jovanotti. Del video, la libertà, viva la libertà».
«Eh».
«C’è questo video dove uno stadio intero canta la canzone ripetendo questa frase e in particolare questa parola e questa parola non significa nulla».
«…»
«Ma non dico che significa poco, o ben poco, non significa proprio nulla in assoluto, completo svuotamento di ogni significato. Libertà è tipo una parola che per come è inutile e assurda potrebbe addirittura smettere di esistere adesso, in questo istante».
«E quindi?»
«Potresti fare un pezzo per Brentano composto solo di fotogrammi del video, in cui si vedono queste persone che inneggiano al nulla. Sarebbe bello».
«Sì, non è male».
E così sono andato a vedere il video di Jovanotti dove si inneggia alla libertà cioè al nulla, ma non ce l’ho fatta neanche a finirlo.
Aveva certamente ragione Diana, ma il fatto che il video fosse girato in Messico (un Messico ipotetico, fatto di luoghi comuni: luchadores, mariachi, ballerine brasiliane (?) e perfino un Quijote decisamente cacato là a caso), mi creava una forma di imbarazzo. La questione della traduzione faceva sì che quelle persone messicane, cantando in una lingua simile ma straniera (l’italiano), non fossero ai miei occhi da ritenersi troppo colpevoli di alcunché, o di essere degli adoratori del niente; magari, mi sono detto, i messicani in quello stadio la pensavano come me da ragazzo che ascoltando le canzoni in inglese senza capirle fino in fondo, pensavo che mi sfuggisse qualcosa nella traduzione. Tutto qui.
Oggi grazie al video di Jovanotti e alle parole di Diana, la risposta a posteriori che mi do è che no, non mi sfuggiva niente nella traduzione, anzi semmai in quel passaggio nell’incomprensione, in quel mio non capire fino in fondo niente di quelle canzoni, faceva sì che il testo ci guadagnasse qualcosa, anzi che forse ci guadagnasse tutto.
(Articolo uscito per Brentano.blog il 30 settembre 2018)