Fogli sparsi, Racconti

La sparizione del gatto

Ha guardato sotto i letti, tutti, e sotto ai divani. Ha acceso anche la piccola torcia del cellulare e visto piccole sacche di polveri, ma nessun gatto.
L’altro gatto, quello non sparito, non accenna nessuna preoccupazione o empatia per quella mia ricerca inutile. Se il gatto è davvero scomparso forse l’altro presente dovrebbe dare dei segni, come a confermare l’eventualità? Non sono affatto sicuro, si ripete. Ci vorrebbe un comportamentista, aggiunge nel suo dialogo non più mentale, ma rivolto al gatto presente in locu ed indifferente. Ed in effetti lui un amico comportamentista ce l’ha. Si chiama Leonardo, vive all’Impruneta. Si tratta di chiamare, o di continuare a cercare, ma certamente ciò che si tratta di non fare è scriverne sù, parlando di sé alla terza persona singolare, come se fosse qualcun altro quello che ha perso uno dei due gatti della sua amica Serena che se ne sta in Sicilia e lui, ancora lui, in casa di lei a prendersi cura in maniera non impeccabile evidentemente dei suoi gatti e delle piante, distribuite su due terrazze.

Poi è uscito per le scale, le ha salite fino all’ultimo piano, che è il nono, perché ora gli sembra di ricordare che Serena abbia detto che sì, Fushiko a volte esce e tende a salire verso l’attico. Mentre saliva le scale si chiedeva mentalmente se il gatto tendesse a salire invece che scendere per un istinto al volo o uno suicida. Ha incontrato per le scale Riccardino, che conobbe una sera a cena, amico del figlio di Serena e che vive nello stesso stabile. Riccardino usciva di casa, proprio in quel momento e lui l’ha salutato e chiesto se avesse visto il gatto rosso di Serena. Lui ha negato. Si erano già intravisti, quella stessa mattina, ché le terrazze sono sfalzate e quindi visibili. Erano circa le nove e Riccardino stava in terrazza con quello che sembrava proprio essere un mitra. L’evento del mitra era passato nella sua mente come un fatto assolutamente coerente.
Lui adesso è di nuovo in casa di Serena, dove c’è Silvia che studia, Silvia che è venuta a fargli compagnia, perché lui è depresso. Lui si mette al computer e scrive questo, come se succedesse ad un’altra persona, eppure nella sua mente sa che i momenti che lui dedica alla scrittura potrebbero essere decisivi per salvare Fushiko, e invece continua ad aggiungere paragrafi e frasi inutili che non gli riporteranno il gatto. C’è dunque una parte di sé, tutta una cospicua parte, per cui è molto teso: lo sente chiaramente dalla sua postura che spinge sulla cervicale. C’è poi un’altra parte che gli fa pensare che questo è il classico. Che son paranoie. Che Fushiko è semplicemente infrattata, che si è infrattata perché è arrivata Silvia, che non ha mai visto, quindi si è nascosta. Tutto lineare. E nel suo nascondersi si è nascosta ancor più fortemente dal momento che ha sentito lui che la cercava disperatamente e rumorosamente, contribuendo alla sua paranoia. Che è poi paranoia reciproca. C’è un’ombra che si riflette sul pavimento e lui si gira pavlovianamente perché gli sembra di vedere il gatto, ma non è mai lei, è l’ombra.
Devo chiamare il comportamentista. Ora gli telefono, continua a ripetere.

ce matin là 020

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