Santa Croce (2017-...), Verde Rivista

FARE $€ SCRIVENDO

I nuovi amici
(prima ristampa)

Nella giornata di mercoledì, senza alcun motivo apparente, ho iniziato a ricevere delle richieste d’amicizia. Quasi una richiesta al minuto. Facevo un passo nella stanza e spuntava una nuova richiesta. Quasi tutto il giorno è andata avanti questa storia, con richieste da persone mai viste né sentite prima, ma che dopo una breve analisi si rivelavano essere gente in carne ed ossa, dal momento che erano già amiche e amici di altri amici precedenti. Avevano foto profilo per lo più simili tra loro, vi comparivano libri o manoscritti. Li tenevano in mano. Stavano sui treni, guardavano da una parte o dall’altra, altrimenti posizionati di tre quarti come se qualcuno all’ultimo momento li avesse chiamati e loro si fossero voltati di scatto senza immaginare potesse esistere un mondo dietro di loro o qualcuno che di lì a poco avrebbe scattato loro una foto e un’espressione sul volto come a dire: embe? Era come se ci fosse qualcosa che io stesso non sapessi, su di me, in quelle richieste d’amicizia. Come se queste persone avessero scoperto qualcosa e fossero tutte là ad accanirsi nel chiedermi l’amicizia, cosa che io inesorabilmente concedevo loro.

Il giorno successivo ero in biblioteca a scrivere e mi ha telefonato il mio editore per dirmi: siamo in ristampa. Dove siamo Francesco? Scusa non prende bene qui, ho risposto. Ci siamo, siamo in ristampa, ha ripetuto. Io allora ho capito che quella era la celebrità e ho pianto alcune lacrime nel vano antistante la biblioteca dove è proibito fumare e gli studenti universitari si intrattengono a fumare. Per non farmi vedere da loro mi sono girato verso l’enorme piazza che si apre sotto la ripida rampa di scale, come se esistesse un mondo fuori di me e poi come scuotendomi da un torpore ho chiesto: È una cosa buona Francesco? È una cosa buona Simone, ha risposto l’editore.

Poi siamo rimasti tutti e due in silenzio, come spesso accade tra noi. Ma è per questo che tutta quella gente mi chiede l’amicizia? Ho continuato io. L’amicizia? Sì, l’amicizia su Facebook. No, non credo c’entri niente. Voglio dire, hai pagato? Hai sponsorizzato il mio profilo o altre cose del genere? Ma t’immagini, non sono assolutamente quel tipo d’editore. Altri lo farebbero, ma io mai, neanche sotto tortura. Quindi non c’entra con la ristampa? No, non c’entra niente. Semmai avranno cambiato qualche norma sulla privacy. Come? Le norme sulla privacy. Ah. Okey, ho risposto all’editore fingendo di capire. Ho guardato in basso l’altissima rampa delle scale e ho provato una specie di urto di vomito da vertigine. Ci sentiamo, mi ha detto l’editore tagliando corto.

Dopo quella telefonata le richieste sono diminuite fino quasi a cessare del tutto, e sebbene una parte di me creda ancora dipenda dal libro in ristampa è cosa certa che fossero le norme sulla privacy.

L’autografo
(seconda ristampa)

Profilo basso, io: umilissimo. Bevo birra, cerco di guardare le cose come attraverso un liquido torbido, così guardo chi mi chiede della seconda ristampa. A lavoro mi hanno fatto una voce: ma questa storia della seconda ristampa? ho minimizzato, come sempre. La nuova arrivata ha chiesto: ma di che parlate? Di un libro che hanno ristampato. Anzi che hanno ristampato due volte. Sì, ma di chi? Ha continuato Alessia, questo è il suo nome. Nessuna risposta. Io non ho bisogno di rispondere all’ultima arrivata. L’ho liquidata dicendo: un libro. Seconda ristampa. Una donna sconosciuta mi ha aggiunto su Facebook e ha scritto un messaggio che diceva: ho comprato il tuo libro, lo sento in cassa di risonanza con me. Credo di capire quello che intendi. È folle? Sono folle?
Non credo che tu debba esserlo necessariamente, le ho risposto, vago ma lucido. Poi, cambiando argomento le ho scritto che se le faceva piacere poteva lasciare una recensione del mio libro su Amazon o Ibs. Al che dopo qualche giorno la donna è tornata a scrivermi. Ho finito il romanzo. Complimenti. Ti vorrei chiedere un autografo, se fosse possibile. Sei di Firenze, vero? Ho accettato, dopo un attimo di incertezza che fosse una pazza psicopatica tipo Annie Wilkes, poi ho accettato perché voglio essere uno di quegli autori che ama il suo pubblico, uno di quelli non spocchiosi, che non crea filtri. Abbiamo fissato per il giovedì successivo, un caffè ma pensavo a una birra, in una piazza generica di questa città. A questo punto qualcuno si chiederà: ma com’è questa donna? È bella? È per questo hai accettato? No, non è bella, non è neanche brutta a essere onesti, è una donna normale. Ho accettato come avrei accettato qualsiasi altra cosa, come ho sempre accetto tutto. Poi il giorno dell’appuntamento, il giovedì, ho ricordato che avevo una presentazione del mio libro a Padova, e le ho scritto un messaggio che era il messaggio più bello che avessi mai scritto in tutta la vita, il messaggio che in fondo attendevo e che diceva grosso modo, mi spiace, ma mi era passato completamente di mente che giovedì avevo una presentazione a Padova. E lei dopo ha risposto: Uh, me ne farò una ragione. E io ho detto: Uh, faremo un’altra volta. E lei, Uh, quando vuoi. E io allora ho capito che non ci saremmo visti mai e che il vero motivo per scrivere libri e fare le ristampe non è la montagna di soldi che ho fatto con questa seconda ristampa, ma è proprio non andare agli appuntamenti con le lettrici dei libri.

Lo spazzolino elettrico
(terza ristampa)

Diana mi ha mandato la foto dello spazzolino elettrico su cui risulta ancora assemblata la mia specifica testina rotante riconoscibile tramite un cerchietto di colore azzurro inequivocabile.
Io le ho risposto, lei era in bagno, io nella stanza da letto accanto, ancora a rigirarmi nel letto: pazzesco. Lei mi ha scritto: adesso questa cosa mi fa solo ridere. Una volta arrabbiare, ora sorridere.
Infatti la cosa va avanti già da un po’. Lei mi ha segnalato alcune volte: ma ci fai caso? ma te ne accorgi? ma lo fai apposta? Io le ho risposto: guarda per niente, sono giornate molto molto stressanti, mi spiace ci farò più caso. Non le ho risposto che forse è lei che mette su quel mio spazzolino azzurro, e poi me lo segnala, per attirare la mia attenzione su di lei e distoglierla dalla terza ristampa, anche se l’ho pensato. Le ho detto niente, solo okey ci farò più attenzione, e poi me ne sono scordato. Anche alcuni giorni dopo la foto è successo di nuovo e anche questa volta io sono caduto dalle nuvole e le ho detto eppure ci sto attento, è una cosa come l’ordine in cui il bancomat ti restituisce prima la carta di credito e poi ti dà i soldi, ci avranno pensato, se ti desse prima i soldi lasceremmo là tutti quanti le nostre carte di credito penzoloni, ci avranno pensato. Ma che c’entra? Ha detto Diana. Come che c’entra, le ho risposto (ma il pensiero vero era: c’entra perché lo dice quello della terza ristampa, quindi che c’entri o meno c’entra per forza, hai capito?). Le ho detto invece: sì, mi è venuta in mente questa immagine. Ma non c’entra con lo spazzolino elettrico. Comunque ci starò più attento, promesso. Poi questa mattina la foto e il commento, non mi importa più che lo fai. Il mio solito cappuccino blu a sancire inequivocabile la colpa e quella chiosa, ma non mi importa più, che mi ha fatto rimanere un po’ male.

Allora ho pensato che le avrei comprato uno spazzolino elettrico tutto per lei, come ho visto a Milano, a casa di Leo e Serena. Ora con la terza ristampa me lo posso quasi permettere.

Le presentazioni fuori città
(quarta ristampa)

Quando mi preparo per le mie presentazioni in giro per l’Italia (proprio ora che lo scrivo stiamo organizzando con ufficio stampa ed editore un fine settimana in Puglia, nel mese di giugno, tra Andria, Brindisi e Trani. Il programma è alle 18 nelle librerie indipendenti, poi tutto il giorno sulla spiaggia, mangiare focaccia e bere birra Ruffo), quando mi preparo per le presentazioni e compro i voli e i biglietti del treno che poi mi verranno tutti rimborsati fino all’ultimo centesimo, e penso già a tutti gli scontrini di pranzi e cene e colazioni che mi tirerò fuori dalle tasche e che gli spillerò a caso su un foglio di carta A4 che poi in mezzo scriverò una somma, anche questa a caso, seicento dodici euro di rimborso spese, che mi verranno rimborsati nel giro di qualche ora dalla casa editrice, in quei giorni di programmazione dei viaggi mi aggiro per casa scalzo e penso e osservo le piccole cose della casa che certamente troverò invariate al mio rientro: la zuccheriera da riempire di zucchero, che uso solo io. I sacchetti dell’umido da rimettere nella pattumiera. Perché quando io o lei siamo fuori per lavoro, l’altro non cucina mai, vive di cene fuori casa o di cibo precotto. Poi guardo le piante che riempiono il salotto, piante che probabilmente ad esclusione delle grasse, ritroverò morte, e quindi prendo e con aria paziente riempio la zuccheriera con lo zucchero, cambio il sacchetto dell’umido che resterà vuoto fino al mio rientro e innaffio le piante, con un’aria lieta e fatalista allo stesso tempo.

Mancano ancora molti giorni alla partenza per le presentazioni di Roma e Milano, ma già ci penso. Ci penso continuamente, tramite gli oggetti della casa penso alla partenza, tramite questi oggetti che presto lascerò qui.

Rimuovere un post
(quinta ristampa)

Mi ha scritto Franco Renzi mentre ero in jacuzi sul tetto di casa che guardavo un film sott’acqua sullo schermo al plasma, inalando ossigeno tramite un respiratore. Ero là sotto e figurati se avevo voglia di rispondere a Franco Renzi, ma insisteva e alla fine ho letto il messaggio. Diceva che il riferimento alla cocaina nei cessi degli Artigiani era meglio non farlo. Se fosse possibile rimuovere il post. Al che io mi sono veramente incazzato, ho buttato via il respiratore, ho preso lo schermo al plasma enorme e mi sono sollevato sulla jacuzi e ho scagliato lo schermo al plasma di sotto al palazzo cadendo otto piani più in basso precisamente di fronte al portone del Duomo. Alcuni turisti hanno urlato e io ho fatto dei gestacci loro e urlato qualche parolaccia in inglese, fuck you, stupid tourist.

Poi ritrovata la calma ho scritto a Franco Renzi un messaggio che era grosso modo questo: Caro Franco Renzi, ma ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo? Di censurarmi? A parte il fatto che sono alla quinta ristampa e se scrivo un post in cui parlo del tuo locale di merda per te è tipo oro colato, ma poi caro Franco, nessuno faceva riferimento a quel tuo problema con la droga che tu sempre ti sinceri di dire superato, io caro Franco Renzi dicevo tutt’altro, non dicevo neppure che nel tuo locale ci va la gente a tirare cocaina nei bagni, cosa anche probabile, ma di cui non mi interesso affatto visto che io qui ho un privé che mi garantisce ogni intimità. Dicevo che i racconti che leggeremo alla serata del 10 maggio parleranno forse di gente che nei bagni tira cocaina, pertanto c’è un livello intermedio che ti sei perso del tutto. Lo capisci caro il mio Franco Renzi? Comunque, per concludere Franco, vuoi che rimuova il mio post? Che ometta la parte sulla cocaina? Va bene. La tolgo. Ma sappi che scriverò subito un bel raccontino dove parlo di quella tua attività parallela all’organizzare serate agli Artigiani, quel tuo lavoretto di vendita che ti garantisce di pagare i vertiginosi cachet di noi scrittori di successo, caro il mio Franco Renzi.
Finito di scrivere questa mezza pagina mi sono sentito subito meglio.

Ho ordinato ai miei collaboratori una birra e senza aspettare che me la portassero sono tornato a immergermi nella jacuzi sul tetto.

 

(letto il 10 maggio 2018 al Caffè degli Artigiani, Firenze, poi pubblicato su Verde Rivista)

Annie_Wilkes

Annie Wilkes

 

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