Figlio spurio di piazza Dalmazia, caro agli dei, Fiumani, come farai questa mattina a uscire di casa e comprare il latte pure tu? Con il tuo ciuffo argentato e una faccia patibolare, questo è certo.
Il concerto partiva male, spigoloso, ma poi invece diventava qualcosa di bello, con la gente sotto il palco a pogare e la musica davvero in grado di accorpare quel gruppo eterogeneo, di cinquantenni, quarantenni e quasi trentenni come me, diaframmisti di ritorno, figli dell’ultimo colpo di reni del gruppo, nel circolo di morte e rinascita che vivono tutte le cose.
Ma quando partivano “Vaiano”, “Diamante grezzo” e, infine, “Gennaio”, noi là nelle ultime file smettevamo di pensare al Fiumani degli Ottanta, che avrebbe dovuto ma che non se ne era mai andato, uno che aveva creato un gruppo musicale al liceo e poi le cose gli erano semplicemente sfuggite di mano, con quei testi da bambino delle elementari. Smettevamo di pensarlo e ci convincevamo che c’era tutt’altro: come un nucleo problematico che dice qualcosa di questa città, della provincia e non solo di certi anni passati, semmai del passare degli anni; ed era sorprendente rendersi conto che Fiumani era tutt’ora un figo assoluto, uno che ancora resiste (nel suo essere antipatico, certo), che si ostina. E le cover che gli hanno chiesto di fare non ha voglia di farle, perché lui ha le sue canzoni, il suo modo, nient’altro.
Cosa ne sarà di questa tua domenica mattina? E se questa specifica mattina magari stai dormendo, Fiumani, mi domando: il tuo lunedì?
W Diaframma.