Se dovessi scegliere un luogo che descriva bene la nostra relazione sceglierei senz’altro il bagno di casa tua. Sarebbe semplice, non ci penserei che qualche secondo e poi risponderei così:
Il bagno di casa tua.
Ma queste son domande che nessuno fa mai, non dico una metafora del rapporto in generale, dico un luogo che sia metafora del rapporto. Potrà sembrare strano, ma sono cose che non è bene domandare.
Tuttavia è importante per me sapere con chiarezza cosa risponderei, anche se nessuno me lo dovesse chiedere. È importante perché mi ricorda cosa significa stare con te, mi ricorda una parte della nostra relazione che non si vede o quasi e che potrei facilmente dimenticare, mi ricorda quello che gli altri non possono vedere.
Gli altri non se ne accorgono quando andiamo via tutti insieme, un fine settimana. Non lo riescono a vedere quando ci alziamo in un posto di mare, in una casa dai soffitti alti, con delle mensole sulle quali non c’è niente, solo tre mortai per il pesto, lignei, capitati là chissà come. Non possono saperlo quando andiamo a fare una corsa sul lungomare. Quando facciamo tutte le cose che si fanno al mare: comprare i giornali della domenica, il sole, la gazzetta per il Tour, prendere la pizza rossa e la frutta da mangiare sugli scogli. Così arriva la sera e io e te ci siamo rivolti soltanto un cenno del capo, magari un lievissimo tocco della mia mano sulla tua mano, quando stavamo distesi sulle stuoie di paglia e sugli asciugamani. Nient’altro che quel tocco leggero della mano.
Allora diventa importante sapere che il luogo che ci rappresenta è il bagno di casa tua e non quelle case al mare e tantomeno l’interno di una macchina, alla sera, quando stiamo tornando in città e il traffico di rientro è congestionato e noi imbocchiamo una strada alternativa, che passa attraverso la campagna, tra i canali e i ponticelli, lungo un muro dove qualcuno ha scritto enorme: W STALIN, o tra paesi mai visti prima, dove sembrano esserci solo negozi di arredamento che stanno fallendo uno dopo l’altro. Quelle non sono metafore che descrivono adeguatamente il nostro rapporto, ma solo in parte, mentre il bagno di casa tua, quello sì che riesce a esprimere qualcosa in più, un lato sotterraneo notturno femminile del nostro rapporto, che a volte noi potremmo dimenticare.
Quel bagno, è bene che lo dica a scanso di equivoci, è un bagno normalissimo: con delle mattonelle chiare, di un bianco opaco, e quei disegni di giunchi e bambù, che si ripetono, come una ghirlanda. È certo qualcosa in quelle mattonelle che mi attrae, ma non saprei dire che cosa, con esattezza. Forse la ripetizione o qualcosa nelle mattonelle in sé.
Fatta esclusione per le mattonelle, tutto è canonico: i sanitari, i mobiletti a incastro, la doccia, quelle cose che si possono trovare in qualsiasi bagno. Forse un altro elemento di un certo interesse potrebbero essere le luci che si appoggiano allo specchio, delle luci dal supporto metallico, ma non sono capace di dire cosa abbiano di strano. Niente, in verità.
Mi rendo conto, nel momento di descrivere gli elementi che compongono il bagno, che non sono in grado di giustificare la mia scelta. Scelta che non è da rintracciare neppure in un dato storico, che pure c’è. Mi riferisco a una delle primissime immagini che ho di te, quando ancora non sapevo se ci sarei mai tornato in quella casa e non sapevo dove fosse il bagno rispetto alla stanza, e le altre zone dell’appartamento erano avvolte come da una nebbia. Ho chiara l’impressione che mi fece quel bagno in una notte di fine estate di cinque anni fa, ma non è neanche questo il punto, non è quell’impressione o quel ricordo che fanno sì che il bagno sia metafora del nostro rapporto. Non è questo eppure se dovessi scegliere una metafora tornerei a scegliere quel bagno.
Ripenso a ieri sera, quando ci siamo abbracciati proprio là, dietro a noi la finestra aperta sul cortile e altre case illuminate, una notte estiva. Allora ti ho detto quello che ho detto: che ti voglio ancora, e il bagno ci circondava, era là intorno a noi, e fuori la notte. Ci siamo abbracciati teneramente, e dopo nasceva in me anche un desiderio sessuale, che però ho preferito lasciar passare perché avevamo appena mangiato, e io dovevo andare via, e te dovevi lavorare al computer ancora un’oretta. Così ho rimesso ai piedi le mie New Balance e sono uscito quasi di corsa diretto verso casa e verso le mie minuscole occupazioni notturne, e sempre perder tempo dietro a preoccupazioni da niente, così che il momento era già passato, quel nostro abbraccio nel bagno, anche quel dividerci, quella separazione temporanea, e dopo uscire fuori che già era buio.
Ci sono dei fine settimana che vanno malissimo, in cui noi non ci scambiamo che una mezza parola tra i denti, in cui ci dissolviamo nel gruppo, nelle idee e nei pensieri degli altri e quasi non esistiamo più. Poi arriva la sera, quando torniamo di nuovo a essere da soli, iniziamo una discussione che dapprima sembra una cosa da niente, ma poi si apre e viene fuori di tutto. Sembra che ci lasceremo di lì a dieci minuti. Poi anche questo passa. Ci sono dei fine settimana in cui è importante ricordare che esistono dei luoghi che ci rappresentano, alcuni più adeguatamente di altri, pur senza una vera ragione. Luoghi che si sono strutturati nel tempo e oggi sono diventati qualcosa che non sappiamo più neanche descrivere, ma questi posti ci sono davvero, è bene che io lo ricordi, e lo ricordi anche a te, nel caso in cui qualcuno dovesse domandarlo.